Il numero che hai composto è inesistente
Da diversi anni ormai la comunicazione telematica per la vendita di servizi e prodotti è divenuta estremamente aggressiva e truffaldina. Come dice TV7 (RAI): Il bombardamento di telefonate moleste non risparmia nessuno .

Ed è da alcuni mesi, da più parti, che si dice di voler porre rimedio alla pratica ossessiva delle chiamate telefoniche agli apparecchi dei cittadini da numeri inesistenti (AGCOM). Una pratica verosimilmente messa in atto da Call Center istituzionalizzati, come anche da Call Center segreti, attraverso un elementare tipologia di Spoofing: il numero del chiamante è un alias difficilmente riconducibile a una linea telefonica reale e registrata come tale.
Call Center che sono sorti in Italia dopo la liberalizzazione del mercato telefonico e che da allora non hanno dato tregua alla popolazione civile così come ai professionisti e alle piccole e medie imprese.
Coloro che si erano affidati al Registro delle Opposizioni si sono infatti presto resi conto di quanto questo strumento fosse inutile e illusorio. Un dispendio di energie psicofisiche e di tempo impossibile da quantificare, con risvolti evidenti che in tantissimi casi hanno portato e portano la gente comune all’isteria.

Un problema sociale i cui risultati sono immediatamente visibili nei comportamenti delle persone, ma anche dei più giovani, che nel tempo si sono dedicati al sodalizio criminale online con sempre maggior frequenza.
Reati come la Sostituzione di persona e la Violazione della privacy hanno reso la truffa un gioco da bambini e come si sa i bambini emulano e questi bambini sono stati educati all’illegalità direttamente dal telefono di casa.
È colpa di Internet? No certamente no, ma gli apparati web e i software consentono questa mistificazione che con i soli apparecchi telefonici non sarebbe indubbiamente possibile.
Il marketing negazionista e la comunicazione scorretta
Una pratica commerciale altrettanto fastidiosa fa uso di social network come Instagram e Facebook. Come sappiamo la profilazione degli utenti dei Social permette alle imprese di attuare una comunicazione mirata a categorie di persone attraverso gli annunci pubblicitari.
In questi annunci, almeno per ciò che riguarda il web, è sorta negli ultimi anni una pratica ormai consolidata, che una volta avremmo definito quale concorrenza sleale. Chiunque abbia studiato marketing nelle istituzioni pubbliche come dai privati, prima fra tutte Confcommercio, avrà sentito almeno una volta la frase: “non si parla mai male della concorrenza” oppure “parlare male della concorrenza è controproducente”.
Questo genere di web marketing ha una strategia per cui apparentemente l’autore del messaggio non parla male direttamente della concorrenza nel settore commerciale di appartenenza, ma piuttosto cerca di demolire, spacciandole come inutili e superate, tutte quelle attività che comunque la concorrenza propone. Il motivo è quasi sempre l’avanzamento di un non meglio ben definito nuovo metodo di marketing di cui verrete a conoscenza solo una volta che accetterete la loro proposta.
La proposta si fa avanti con un video, neanche corto, nel quale un giovanotto, tutta pratica e nessuna intelligenza, ti spiega gli errori della tua vita senza spiegarti niente.
Ed è così che scopriamo che è inutile buttare soldi nella progettazione di un sito web per la propria attività; è inutile buttare soldi nei classici biglietti da visita; è inutile buttare soldi in brochure e dépliant da fare distribuire nei quartieri; è inutile buttare il proprio tempo andando a conoscere i propri potenziali clienti porta a porta. Così che, negli ultimi tempi, in questo scorcio di primo quarto di secolo, abbiamo scoperto che la gran parte degli strumenti di vendita che abbiamo utilizzato nella nostra vita sono inutili.
La cosa che viene da chiedersi nell’immediato è se questa strategia di comunicazione renda davvero qualcosa a quelle aziende che hanno deciso di metterla in piedi. Ma il loro dispendio di risorse e la loro comunicazione così ossessiva e così perdurante dice in realtà il contrario.
Mario Carta
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